Curiosità

Racconti dalla verde Irpinia, questa settimana tappa ad Avellino

Racconti dalla verde Irpinia, un viaggio tra i comuni della provincia di Avellino, tra storia, cultura, gastronomia e racconti antichi. Questa settimana tappa nel Capoluogo.

Racconti dalla verde Irpinia, il nostro viaggio prosegue e questa settimana fa tappa ad Avellino

Il Paese: Avellino

Superficie territorio: Kmq 32

Nome abitanti: Avellinesi

Fiere e feste:San Modestino (14 febbraio)

Scarse le informazioni del suo territorio nell’antichità, solo alcune cuspidi di freccia in selce ascrivibili all’età eneolitica (II millennio a.C:). Il primo centro urbano che si sviluppò poi in età sannitica, fu quello di Abellinum vetus , ubicata a snistra del fiume Sabato.  L’Abellinum novum, sorse invece a qualche chilometro dalla civitas antiqua, sulla collina detta della Terra, che in epoca longobarda venne circuita da una poderosa cinta muraria, Di questo borgo fortificato si ha notizia in un atto notarile  del 769, dove si legge che un ricco signore longobardo, tal Leone,  destinava parte dei suoi beni all’abbazia di Montecassino, fra cui alcune proprietà site nei pressi “de Avellino”. Nessun altro documento menziona la città dal 769 all’832, anno della morte di Sicone, principe di Benevento e padre di Sicardo, che  a lui succedette nel titolo. Nella prima metò del IX secolo signore fu il longobardo Roffredo, il quale insieme a Radelchi w Siconulfo, prese parte alla storica Diviso Ducatus, che confrmò l’appartenenza di Avellino al principato beneventano. A Roffredo, successe il nipote Adelferio che ospitò nel 888 nel suo castello, costruito ad oriente sulla collina della Terra e nei pressi di Porta Maggiore, il nobile Aione, di passaggio con il suo esercito e diretto a Capua. Dopo la morte di Aione, se ne impossesso Guido di Spoleto, che lo cedette al principe di Salerno, Guaimario. Costui per prenderne possesso, si diresse con le sue truppe alla volte di Benevento, ma ospitato nel castello di Avellino venne fatto accecare ed imprigionare dallo stesso Adelferio. Il duca di Spoleto allora strinse d’assedio l’Oppidum Abellinum nel 895, senza però riuscire ad espugnare la città. Solo in seguito ad un patto stipultato fra Guido e Adelfiero, Guaimario, riuscì a ritornare nella capitale del suo principato. Più tardi, forse nel X secolo, anche Avellino fu elevata a contea e primo conte, fu Roberto II. A questi seguì nel 963 il figlio Siconolfo., che governò a contea fino al  al 969, anno della presa della città da parte delle truppe bizantine guidate da Eugenio.  Sconfitti i bizantini ad Ascoli Satriano, il presidio che occupava il castello ed il borgo fortificato si ritirò e conclusa la pce tutti i prigionieri longobardi vennero rilasciati. Da un documento del maggio 982 si evince che il nuovo signore di Avellino era Adelferio II, a cui successero i discendenti Madelfrido II e Adelferio III (990) Adelferio IV (1003) Madelfrido II(1024), Dauderio (1036) Adelferio IV (1045), Giovanni I (1054), Ademario (1060) e Giovanni II (1065). Nel 1070, dopo la morte di Giovani II e del suo immediato successore, troviamo un certo Adenolfo come ultimo signore longobardo di Avellino. Con l’arrivo dei Normanni il centro venne acquistato dal conte  Riccardo II di Sarno, Nel 1130 lo possedeva Rainulfo Drengot, cognato di Ruggiero II il Normanno. Costui nello stesso anno fu investito dall’antipapa Anacleto II, ricevuto dal re proprio nel duomo avellinese Dux Apuliae, Calabriae et Siciliae.. Il conte Rainulfo venne poi mandato a Roma in difesa dell’antipapa, ma le discordie familiari furono tali che riprese con se la sorella  confiscando al cogmato la città ed anche il castello di Mercogliano. Rainolfo iniziò così la sua ribellione contro il  re normanno con l’appoggio di tutte le contee delle Puglie e mentre Ruggiero II era in Sicilia, il conte, appoggiato dall’imperatore Lotario e da papa Innocenzo Ii, rientrò nell’Oppidum Abellinum. Ritornato con un forte esercito Ruggiero II assediò il castello riaffermando definitivamente il suo dominio sulla città. Ne fece dono nel 1140 a Riccardo de Aquila, citato nel catalogo dei Baroni come conte di Avellino e signore di Mercogliano. Da Riccardo ereditò il feudo Ruggiero (1161) e la contessa Pierrone de Aquila (1183), moglie de Ruggiero di Castelvetere. Passata prima alla famiglia Parise e poi ai Sanseverino, la conea incamerata dal demanio svevo ed assegnata nel 1268 da Carlo I d’Angiò a Simone De Monfort, che nel 1272 lo vendette a Bertrando Del Balzo alla quale famiglia appartenne fino al 1355 con Elisabetta. Nel 1382, ottenne la signoria di Avellino Giacomo Filangieri, a cui seguirono Nicola (1400), Riccardo (1403) e Caterina dalla quale ebbe nel 1420 in via matrimoniale il marito Sergianni Caracciolo. Il feudo fu trasmesso al primogenito di Caterina, Troiano Giacomo Caracciolo duca di Melfi al quale venne però ben presto tolto dal demanio dopo la sua partecipazione ad una congiura organizzata contro Alfonso d’Aragona. Incamerata nuovamente dalla Corte Regia la città fu donata nel 1468 allo spagnolo Galzerano Requerens, dal quale la ereditò la figlia Isabella, la quale la portò in dote al marito Raimondo de Cordona, con tutti i suoi possedimenti. Raimondo diede la contea nel 1507 al fratello Giovanni, da cui la ebbe nel 1513 la nipote Marta De Cordona, marchesa di Padula e moglie di Francesco d’Este, duca di Ferrara. Morta costei nel 1563, senza lasciare eredi passò alla Corte Regia, che la vendette nel 1564 a Niccolò Grimaldi e nel 1581 a Marino Caracciolo principe di Avellino dal 1589, famiglia alla quale rimase fino alla fine del feudalesimo..Aboliti i diritti feudali Avellino fu dichiarata capoluogo della provincia di Principato Ultra. Nel 1820 fu al centro del movimento rivoluzionario che obbligò Ferdinando I a concedere la costituzione. Molti infatti gli avellinesi che presero parte ai moti carbonari, ai quali posero fine nel marzo del 1821 gli Austriaci che per alcuni anni stanziarono in città un loro distaccamento. Fra i patrioti che  subirono le conseguenze della dura repressione borbonica si ricorderà Lorenzo De Concili, che condannato a morte dalla Gran Corte Criminale, rimase in esilio per ben ventisette anni. Ai moti reazionari del 1848, parteciparono altri cittadini di Avellino tra cui Gaetano Trevisani.

(spunti storici dal libro di Giampiero Galasso – I Comuni dell’Irpinia 1989)

 

 

 

Da visitare

Il Castello Medioevale

 

Edificato forse nel IX secolo, ricostruito nel 1446 da Alfonso I d’Aragona e restaurato nel 1464 dal re Ferdinando I il castello venne definitivamente trasformato nel 1611 in una sontuosa dimora residenziale dal principe Camillo Caracciolo.  I ruderi visibili, si può rilevare l’avancorpo  che sorgeva nel settore occidentale, dove si trova l’ingresso attuale era costituito da due pilastri e da un ponte levatoio che conduceva ad un’altra porta, la quale si apriva sul muro di cinta ad un’altra porta. Le quattro torri, poste agli angoli delle cortine murarie erano alte e quadrangolari. Nel maniero furono ospitati per qualche tempo oltre a Ruggiero II il Normanno, l’imperatore Lotario II, papa Innocenzo II, l’Imperatore Enrico Vi di Svevia.

 

Cattedrale di S. Maria Assunta

 

Edificata nel XII secolo è stata più volte danneggiata dai continui terremoti che hanno interessato la zona. La costruzione ha subito ampliamenti e restauri dal 1679 al 1976.  Ha un alto portale centrale e superiormente una lunetta semicircolare con altorilievo raffigurante l’ultima cena, due piccoli portali laterali in pietra, due nicchie fra l’intercolumnio  del primo ordine con le statue di  S. Modestino e S. Guglielmo. L’interno a tre navate, divise da pilastri, si conservano il soffitto a cassettoni in legno dorato in cui vi è un dipinto  del 1705 di Angelo Michele Ricciardi, rappresentante la Madonna Assunta, una tavola seicentesca di Marco Pino di Siena, raffigurante l’adorazione dei Magi.  L’altare maggiore in marmi policromi intarsiati con motivi in stile barocco e nelle dieci cappelle laterali pitture ottocentesche di Achille Iovine, raffigurante episodi del Nuovo Testamento. All’interno della cattedrale è inoltre custodito un  coro ligneo del 500 di Clemente Tortelli che possiede tredici pannelli rappresentanti la vita di Gesù. Sottostante la navate centrale è la cripta,  il primitivo edificio di culto  a tre navate con soffitto a volte sorretto da colonne monolitiche con artistici capitelli medioevali e moderni e dipinti settecenteschi.

 

Palazzo della Dogana

 

Dell’edificio costruito nel XIV  secolo non restano più tracce. Rifatto completamente in stile barocco per volere del Principe Marino Caracciolo nel 1657 su progetto di Cosimo Fanzago il palazzo venne ufficialmente  consegnato al nobile feudatario solo nel 1674. Dopo il sisma del 1732 subì altri rifacimenti e nella facciata principale l’antistante piazzetta furono ricavate due nicchie archivoltate  e quattro tondi contenenti altrettanti busti marmorei del 700..

 

Torre dell’orologio

 

Restaurata dopo il violento sisma del 1980 in stile barocco, si ha già notizia nei documenti del XVII secolo

 

Fontana di Costantinopoli

 

L’aspetto attuale della forma in stile barocco risale al 1669 realizzata su disegno dell’architetto Cosimo Fanzago per volere del Principe Marino Caracciolo. Tuttora ben conservata vi si notano l’antica vasca su basso podio e facciata monumentale in cui si aprono due nicchie archivoltate  e tre tondi che custodivano fino a pochi anni fa busti marmorei.

 

Palazzo Caracciolo

 

Costruito nella prima metà del XVIII secolo per desiderio della principessa Antonia Spinola, danneggiato dai sismi, furono ospitati nel 1735 Carlo di Borbone e il suo diretto seguito.

 

Prodotto tipico locale

Avellino è il Capoluogo, raccontare di un unico prodotto tipico, sarebbe come limitare la propria Terra. La città, racchiude in se tutti i sapori e i profumi delle sue tradizioni, l’odore delle noccioline, il caldo sapore dell’erba, il profumo dei taralli, il denso e immenso stupore del vino. Insomma una terra piena e verde, che dona ai suoi visitatori tutta la meraviglia della terra e dei boschi, la freschezza del suo cielo e la bellezza delle sue storie.

 

 

 

 

Rubrica a cura di Elizabeth Iannone

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