Cultura ed eventi

Il Giorno della Memoria e la banalità del male

CULTURA. Correva l’anno 1945, quando i cancelli di Auschwitz furono abbattuti dalla 60esima armata dell’esercito sovietico. I campi di concentramento, che tutto il mondo conosce come Auschwitz, non erano molto lontani da Cracovia, in Polonia. Intorno alla metà di gennaio, con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, le SS cercarono di eliminare quante più prove possibili dei crimini da loro commessi ed evacuarono il complesso dei campi di sterminio. Quando l’armata sovietica arrivò ad Auschwitz, dopo un’atroce battaglia in cui morirono più di 200 soldati, si trovò dinanzi uno scenario devastante. Erano le 3 di pomeriggio del 27 gennaio.

Giornata della memoria

Con la legge n. 211 del 20 luglio del 2000, è stata istituita, in Italia, la celebrazione ogni 27 gennaio de  ‘Il Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché di tutti coloro che hanno lottato contro la cd. ‘Soluzione Finale’ nazista, ovvero progetto di sterminio, e hanno rischiato la propria vita per salvare altre vite. La legge approvata, approvata in Italia, prevede che ogni anno, il 27 di gennaio, siano organizzate cerimonie, incontri ed eventi commemorativi e di riflessione, rivolti in particolare alle scuole e ai più giovani. Lo scopo, come dice la legge stessa, è quello di ricordare e, quindi, di non dimenticare, di modo che ‘simili crimini contro l’umanità non possano mai più accadere’. L’Italia, come la Germania (1996) o il Regno Unito (2001), ha anticipato di 5anni la Risoluzione dell’ONU che il 1 novembre 2005 ha proclamato ufficialmente il 27 gennaio ‘Giornata internazionale della Commemorazione’ in memoria delle vittime dell’Olocausto.

Le parole di Hannah Arendt

Hannah Arendt, filosofa, storica e scrittrice tedesca, di origini ebraiche, perseguitata in Germania e privata dei diritti civili, maturò la decisione di emigrare negli Stati Uniti. Qui, lavorò come giornalista e docente di scuola superiore e pubblicò opere importanti di filosofia politica. Tra le sue opere, il magnifico ‘La banalità del male’, in cui la Arendt dice:«Quel che ora penso veramente è che il male non è mai radicale, ma soltanto estremo e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si estende sulla superficie come un fungo. Esso sfida come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato, perché non trova nulla. Questa è la sua banalità. Solo il bene è profondo e può essere radicale».

Articolo a cura di Rosa Melillo

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