Politica

La fragilità del sistema democratico secondo Salvatore Pignataro

AVELLINO.  Il giornalista e scrittore irpino Salvatore Pignataro fa una riflessione sull’attuale situazione politica oggi, in riferimento alle prossime elezioni del 4 marzo.

La nota di Salvatore Pignataro

“In vista delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo è opportuno analizzare alcuni dei tanti fattori che incidono e rendono ancora più fragile il sistema democratico italiano. Uno degli elementi che andrà a pesare come un macigno sul risultato elettorale, è di sicuro il ‘partito dell astensionismo’ che negli ultimi anni, ha contribuito non poco a gonfiare le percentuali di voti validi di alcuni partiti a discapito di altri. Disertare le urne e non partecipare, infatti, sono azioni purtroppo molto diffuse tra i cittadini, soprattutto forse tra i giovani, che in questo modo vogliono manifestare la loro rabbia, la loro sfiducia e la loro disaffezione verso la politica, verso le istituzioni, verso il sistema dei partiti che ritengono tutti uguali, corrotti e non più adeguati”.

La democrazia rappresentativa

“La democrazia rappresentativa oggi ha incrinato il rapporto di fiducia tra gli eletti e gli elettori; si parla sempre di più di democrazia diretta, partecipativa, deliberativa, più trasparente nella quale i cittadini abbiano la possibilità di intervenire dal basso sulle scelte e sui problemi inerenti il territorio e soprattutto di controllare gli eletti. Ma ciò, con la scorsa e con l’attuale legge elettorale, oltre alla gestione oligarchica dei partiti diventa un miraggio. Intanto è un diritto e dovere di ogni cittadino partecipare responsabilmente alla vita democratica della società, contribuire alle scelte essenziali della vita della nazione, a raggiungere traguardi di bene comune, a garantire eguaglianza delle opportunità e dei punti di partenza per ogni cittadino”.

L’astensionismo

“Molte sono persone che con l’astensionismo dimostrano lo scetticismo e l’opposizione nei confronti della democrazia rappresentativa, il loro disagio culturale, la loro protesta sociale perché non trovano lavoro, perché non intravedono rosee prospettive per il loro futuro, perché ravvisano difficile raggiungere l’obiettivo dell’occupazione e mantenere una dignitosa qualità della loro vita quotidiana. Per questi ed altri motivi prevale il senso dell’antipolitica, del rifiuto del compromesso, della diffidenza verso le procedure istituzionali, del fare di tutta l’erba un fascio, senza voler distinguere tra l’agire politicamente virtuoso ( in piccola parte) e l’assumere comportamenti e atteggiamenti discutibili, loschi e talvolta al limite della legalità.

Molta gente, dunque, non crede più che la politica è ‘arte della convivenza’, del vivere insieme allo scopo di raggiungere obiettivi condivisi. L’arte del coniugare l’io e l’altro, predisponendo gli strumenti per giungere alla realizzazione di un noi fondato sulla reciprocità tra individuo e comunità”.

Come pensare alla politica secondo Pignataro

“La politica va pensata come momento per immaginare insieme il futuro della nazione e dunque per riflesso, del territorio in cui si vive, si studia, si lavora (quando c’è), insieme agli altri importanti elementi che costituiscono la vita pubblica e privata. L’antico politico ateniese, Pericle diceva: «chi si disinteressa completamente della politica è da noi giudicato non come persona pacifica, ma come persona inutile». Quindi è necessario partecipare per non essere inutili e perché la politica consiste ( o meglio “ dovrebbe essere”) la capacità di progettare e di deliberare programmi e concretizzarli e di prendere iniziative a vantaggio della comunità.

La politica, in effetti, dovrebbe essere lo strumento per consentire la concretizzazione di una idea. E mai come in questo contingente periodo storico, si ha l’esigenza e il bisogno di una nuova politica che strappi molti cittadini all’apatia, alla diffidenza e alla rassegnazione diffusa che non è facile e possibile cambiare. Se guardiamo ai mutamenti del sistema politico italiano, salta subito agli occhi quanto siano pervasive le tendenze che vanno in questa direzione”.

I cittadini lontani dalla politica

“Per dirla schematicamente, possiamo ricordare e riassumere anche altri importanti aspetti che contribuiscono ulteriormente ad allontanare i cittadini dalla politica e quindi dai propri rappresentanti:

a) Svuotamento del ruolo dei Parlamenti a favore degli esecutivi (tendenza in atto da molto tempo, e oggi solo radicalizzatasi), accoppiata alla centralizzazione leade- ristica e personalistica dei poteri di governo (accompagnata dalla diffusione di ideologie presidenzialistiche);

b) sganciamento e deresponsabilizzazione degli eletti rispetto agli elettori, che in Italia arriva fino all’imposizione di candidati precostituititi e che produce la costituzione dei rappresentanti politici in “casta” separata, dove, come insegna ogni visione realistica della politica, gli interessi comuni di casta e quelli individuali di potere tenderanno sempre a prevalere sull’impegno a rappresentare la volontà degli elettori;

c) svuotamento della discussione interna ai partiti e loro caratterizzazione sempre più leaderistica (supportata anche dalla mediatizzazione della politica). d) Annullamento del rapporto tra etica e politica ( baratto e mercimonio delle candidature, imposizione nelle liste di parenti e familiari, trasforimismo, conflitti di interesse ecc).

La frattura tra cittadini e politica

“In sostanza la tendenza sembra essere quella di una ‘insanabile frattura’ dei cittadini rispetto agli eletti, della base di partito rispetto ai leaders, dei parlamentari rispetto all’esecutivo, dell’esecutivo stesso rispetto al premier. Insomma, i luoghi di decisione più partecipati vengono progressivamente svuotati a favore di una verticalizzazione sempre più spinta.

Ha ragione il mio amico avvocato Francesco Saverio Matteo, editorialista ed esperto di politica nazionale, quando affermava che prima o poi qualcuno deciderà di eliminare quel voto che molti italiani giudicano come un fastidio e che prima o poi ci imporranno pure di votare un listone unico nazionale evitando di considerare ancora di più il legame tra territori e rappresentanti che in molti casi è già saltato.

La democrazia italiana stra attraversando una crisi profonda, e l’unica arma in mano ai cittadini è proprio quella di andare alle urne con un filo di speranza sperando di non recitare il simpatico aforisma: se i politici e i partiti non rappresentano più i cittadini, allora bisogna cambiare gli elettori. E così sta avvenendo…”.

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