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”Così fragile che ti si vede il cuore” il secondo libro dello scrittore avellinese Gian Marco Manzo

”Così fragile che ti si vede il cuore” è il titolo del secondo libro del giovane scrittore avellinese Gian Marco Manzo, pubblicato ad ottobre 2020, edito da Poetica Edizioni.

Si tratta di una raccolta di poesie e dialoghi che, attraverso la bellezza dei nostri difetti, alla meraviglia della sensibilità, all’importanza del dolore e a tutte quelle splendide sfumature di noi stessi che le persone non hanno cura di guardare, o che mettono negli occhi troppa paura.

”Così fragile che ti si vede il cuore” il libro di Gian Marco Manzo


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Gian Marco Manzo nasce il 29 aprile 1989 ad Avellino, città dove attualmente vive. Psicologo clinico, psicoterapeuta e arteterapeuta in formazione, ha cominciato a scrivere fin da bambino e, a quei tempi, mettere nero su bianco per lui era qualcosa di terapeutico, un modo per ordinare i pensieri, le emozioni e per dare un senso alla vita. Da allora non ha mai smesso. Adolescente, si è appassionato alla lettura in generale, in particolare alla poesia, attraverso autori come Bukowski, Neruda, Merini, Baricco, Murakami, fino ai più recenti Arminio e Kaur.

Il primo libro

Nel luglio del 2019 pubblica il suo primo libro: ”Abbi cura di te – Amore in pillole”. Una raccolta di pensieri e poesie, edita dalla S4M Edizioni, che descrivono un percorso di vita, di esperienze ed emozioni personali, di una crescita individuale segnata ed arricchita dagli studi di psicologia dell’autore. Un racconto emozionante di perdite e rinascite, di diversità e accettazione, della bellezza della vita, dell’amore verso gli altri e verso sé stessi.

A dicembre 2019 si classifica secondo alla IV edizione del concorso ”Arte che cura – EmozionArti”. Nell’aprile 2020 partecipa alla pubblicazione della ”Antologia degli autori contemporanei”, edita da Rossini Editore, collaborando con alcune delle sue poesie.

Le parole dell’autore

Queste le parole di Gian Marco Manzo ai suoi lettori: “Quante volte la fragilità, la sensibilità, i nostri meravigliosi difetti, sono stati guardati, da altri o da noi stessi, come macchie di debolezza dell’anima. Come forme d’arte da tenere nascoste per non lasciare uno spiraglio di ferita, come dipinti da serrare in cantina per non aprirli alla sofferenza. La diversità spaventa. Il dolore, un’emozione da vivere nella solitudine delle nostre mura. Il sorriso, l’unica maschera da indossare per non sconvolgere i tempi. Un corpo perfetto, l’involucro per la strada dell’accettazione. Fragilità e sensibilità sono qualità che permettono di viverci puri, di rivederci ancora bambini, di andare a fondo nella vita senz’affondare, di salvare nel mondo uno sprazzo di bellezza. I difetti, le nostre differenze per le quali veniamo ricordati, per i quali veniamo amati. La diversità, una ricchezza. Il dolore, un’esperienza fondamentale da cui non rifuggire, che ci permette di morire e rinascere, come dalle lacrime un fiore. Non siamo solo la società in cui viviamo. Non siamo la foto col sorriso in un social network. Non siamo quello che gli altri sia aspettano o desiderano. Siamo noi stessi, ch’è molto di più. Ognuno bello nella propria unicità. Ognuno con le sue crepe di fragilità. E da quelle crepe esce un casino di luce”.


Articolo a cura di Rosa Melillo


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