Curiosità

L’Irpinia e la sua lingua nei racconti di un’antica terra

Un viaggio tra il linguaggio antico dell’Irpinia per riscoprire la bellezza di un modo antico di esprimersi. Dove la tradizione attraversa la storia di un popolo nelle sfaccettature dei suoi dialetti Dal 1800 ad oggi. Un viaggio da leggere e ricordare

 

Il racconto in lingua : No patre co tre figli

Alla chiazza  nge stia no patre co tre figli mascoli, e facia lo trainieri. Carette malato e stia pe morì, quanno s’azzeccavo vocino a lo lietto lo primo figlio e li recette :

  • Ohi tà, lo Signore ti facesse campa n’ati cient’anni, ma si muori che mi lassi? –

Lo padtre responnette:

  • Ngwe so quiri muli. Te re pigli e saccitille tenè.-

Iette lo secondo figlio e li recette:

  • Nè tà, io voglio che Dio ti facesse campà cincocient’anni. Si po’ muori, che mi lassi? –

Lo patre recette a quirr’avoto:

  • Ng’è quiro traino . Te lo pigli.

Corrette all’urtimo lo terzo figlio e li recette:

  • Tata bello mio, ti volera fa campà mill’anni, ma si lo Signore ti chiama mparaviso, che mi vuò lassa?-
  • Figlio mio! – li responnette lo patre – Si benuto iusto all’urtimo, mo chi no tengo niente chiù; ma ngi ha ra esse cocc’avota cosa, e mo chi me vene mente..n’gè lo scurziato e te lo pigli.-

Accossì restaro tutti li tre figli contienti, A capo re picca iuorni morette lo patre e li figli ognuno penzava pe sé a potè campa. Quiro co li muli ia a batecà e campava, l’ato co lo traino mettia picciotti ngimma o lo traino, re trascenava, e s’abuscava no picca re pane e campava; lo terzo facia accoglie puro picciotti, co lo scuriazzo facenno botte,e puro campava, e tutti e tre ievano cammenanno piaisi. Lo primo frate che ia co li muli a batecà, si combnavo per no funnichieri, e li recette sto funnichieri:

  • Ti vuoi ioca sti mili, e io tutto sto funneco co tutti li panni, a chi meglio sape contà no cunto?-
  • si – recette lo vatecale. –

Chiamarono lo notaro co li testimoni, facero stromienti e testamienti e faciero no cunto pe uno, ma lo vatecale perdette li muli e s e ne iette pezzenno. Accossì ngappavo lo trainero, puro co lo stesso funnichieri, perdette lo traino e se ne iette puro pezzenno, iette lo terzo frate puro a do lo stesso funnchieri e facette lo patto come l’ati dui frati avieno fatto e, dopo chi lo funnichieri avette contato lo cunto suo, recette lo figlio re lo trainieri :

  • Mo aggia re contà lo mio e, si venco, m’hai ra ra puro li muli e lo traino. –
  • Si . – recette lo funnichieri.
  • Va recenno…Stati a senti, – recette quir’ato – avia na pottana re mamma chi tenia na gallina e li facia l’ova ogni matina, e tu funnichieri iessi fore ca lo funnico è mio.-

Lo funnichieri assette fore ra la funnica e se nge mettette rinto lo terzo frate, re quiri ch’avievano perzo uno li muli e l’ato lo traino, chi,  roppo nge l’avia vinti co doe chiacchiere, lo restavo contente e coglionato. Roppo re questo s’auniero tutti e tre li frati; lo terzo facia lo capo re lo funnico e l’ati due facievano li giuvini e , co quiro mezzo, non aviero chiu bisuogno re nisciuno, mangiavano buono, vivievano meglio, a l’uocchi re lo funnichieri scassato ra reto.

(tratto da Li Canti Viecchi – di Modestino della Sala)

 

Il racconto in italiano : Un padre con tre figli

Alla piazza c’era un padre con tre figli maschi, che faceva il carrettiere. Cadde malato e stava per morire, , quando si avvicinò a letto il primo figlio e gli disse:

  • Ohi babbo, il Signore ti faccia vivere altri cento anni, ma se muori che mi lasci? – Il padre disse:
  • Ci sono quei muli. Pigliateli e sappili tenere. –

Andò il secondo figlio e gli disse:

  • Oh babbo, voglio che Dio ti faccia vivere cinquecento anni. Se poi muori che mi lasci? –

Il padre disse a quell’altro:

  • C’è quel carro. Pigliatelo. –

Accorse in ultimo il terzo figlio che e gli disse:

  • Babbo mio bello, ti vorrei far vivere mille anni, ma se il Signore ti chiama in paradiso che mi vuoi lasciare? –
  • Figlio mio! – gli rispose il padre. – Sei venuto proprio  in fine, ora che non ho più nulla, ma ci deve essere qualche altra cosa, ed ora che mi viene in mente, c’è la frusta e te la prendi.-

Così furono contenti tutti e tre i figli. Dopo pochi giorni il padre morì ed i figli pensarono a vivere ognuno per se. Quello con i muli andava a fare il carrettiere e tirava avanti; l’altro con il carro caricava di ragazzetti il carro, li trasportava e si guadagnava un poco di pane e tirava avanti; anche il terzo radunava intorno a sé fanciulli, faceva schioccare la frusta e pure tirava avanti e tutti andavano per i paesi. Il primo fratello, che andava con i muli a fare il carrettiere, si mise d’accordo con un bottegaio, che gli disse:

  • Ti vuoi scommettere questi muli, ed io la bottega con tutti i panni, a chi meglio sa raccontare un racconto? –
  • Si – disse il carrettiere.-

Chiamarono il notaio con i testimoni, fecero strumenti e testamenti e dissero un racconto per uno, ma il carrettiere perse i muli e se ne andò povero. Poi toccò al vetturale con lo stesso bottegaio, perse il carro e se ne andò anche lui povero.  Andò il terzo fratello dal bottegaio e fece lo stesso patto degli altri due fratelli e, dopo che il bottegaio ebbe raccontato la sua storia, il figlio del carrettiere disse:

  • Ora devo raccontare il mio racconto e, se vinco, mi devi dare anche i muli e il carretto. –
  • – Si – disse il bottegaio, – comincia a dire . –
  • Stai a sentire. – disse quell’altro – Avevo una prostituta per mamma, che aveva una gallina che le faceva le uova ogni mattina e tu, bottegaio esci fuori che la bottega è mia. –

Il bottegaio uscì fuori dalla bottega e si mise dentro il terzo fratello, di quelli che avevano perduto uno i muli e l’altro il carro, e, dopo che lo ebbe vinto con due chiacchiere, lo lasciò contento e ingannato. Dopo di ciò si misero assieme i tre fratelli; il terzo fratello faceva il capo di bottega e gli altri due i garzoni e così non ebbero più bisogno di nessuno, mangiavano bene e vivevano meglio, a dispetto del bottegaio che era stato preso per i fondelli.

 

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