Inchiesta

Il terremoto dell’80: le storie, i volti, i Comuni

A volte la vita si spacca in due, a fratturare l’esistenza di ognuno nell’intimo e di tutti nelle relazioni. Come si apre e si fende la terra, così le carni degli affetti si lacerano per le morti incomprensibili dei bambini sorridenti e dei vecchi sani. Il futuro e il passato collidono in un boato che dura in eterno: comincia in un presente che vischioso scivola ma non passa e non finisce, restando nella memoria dei sopravvissuti, come gemito, come urla di una madre muta – la terra – che non ha potuto più tacere. Si squarcia. E spalancando il cuore come un infarto, dilania i suoi figli.
In questa ricorrenza, faremo memoria del terremoto dell’80 attraverso le testimonianze di chi lo ha visto e lo ha toccato a mani nude, spostando i sassi, toccando il dolore sulla pelle di chi era stato colpito.

 

L’esperienza di Stefano a Sant’Angelo dei Lombardi

 

Era domenica, era novembre, e l’estate pareva scivolare oltre il tempo che le è imposto. Forse non le maniche corte, ma certo le passeggiate con lo sguardo sul panorama. Fino a quel giorno in cui il cielo divenne rosso e si fece tutt’uno con la terra che, irrimediabilmente, prese a urlare in preda agli spasmi e diede fiato alla gola ostruita da terra, costruzioni e vita, spaccandosi, azzerando l’esistenza pacifica.
Lontano dal centro del dolore, arrivavano notizie di sangue e macerie, distruzione e silenzio. Il “cratere”, l’epicentro del terremoto dell’80, era un cumulo di detriti e di pianti nel buio. Eppure lontano dal dolore la percezione è ovattata, non integrale. Non c’è la fragranza delle ossa rotte di una società polverizzata.

 

Calitri, un paese sprofondato

 

Singolare è la sorte di Balvano, Comune del cratere nel potentino. Durante il terremoto la chiesa era gremita per la santa messa. Quel giorno, furono i credenti a diventare offerta sull’altare: nessuno uscì vivo dalla clebrazione. Molte delle vittime erano bambini, più di 70 i morti. «Il nostro è uno dei Comuni simbolo del terremoto (97,5% degli edifici danneggiati). Morire, poi, mentre si assiste ad una messa è un qualcosa che può farti perdere la fede – raccontava  Costantino di Carlo durante il suo incarico di sindaco di Balvano – Quando in una comunità di 2000 abitanti muoiono 77 persone tutti, direttamente o indirettamente, sono colpiti». Il 25 novembre 1980 a Balvano ci fu la visita di Papa Giovanni Paolo II che portò la “solidarietà e la compassione di tutti i cristiani” e che invitò la gente a “pregare con la sofferenza” in un momento tragico come quello.
Come Balvano, Calabritto: simbolo inconsapevole di un dolore inevitabile.

 

Il terremoto dell’80 Calabritto, immagine di sangue e dolore

 

A leggere la vita del territorio attraverso i segni di queste testimonianze, anche la problematica del liceo scientifico Mancini – e prossimamente della Solimena – ha tutta un’altra comprensibilità. Per una città a rischio sismico, in un periodo in cui si fa memoria dello sfregio che la natura del territorio ha inferto alla popolazione, segnando per sempre storie e luoghi, è incredibile la leggerezza delle amministrazioni che avrebbero permesso l’abominio della frequenza scolastica in edifici privi delle più elementari sicurezze.

Di questo, ovviamente, daranno certezza le sedi competenti: da cronisti non possiamo far altro che aprirci agli interrogativi mentre le scuole chiudono. Per ora, spiega con chiarezza il quotidiano Ottopagine, gli indagati nell’inchiesta che riguarda l’edilizia scolastica sono quatto per il liceo scientifico Mancini (Gambacorta – ieri dimesso dall’ospedale -, il tecnico della Provincia Giovanni Micera, la preside del liceo, Nicolina Agnes, e il dirigente di Palazzo Caracciolo, Antonio Marro) e tre per la scuola media Solimena (il sindaco Foti, il dirigente del settore Lavori Pubblici, Chiaradonna e il funzionario all’edilizia scolastica, D’Agostino).

Naturalmente iscrivere nel registro degli indagati determinate figure, come in questo caso, è un atto dovuto, una formalità necessaria per la prosecuzione delle indagini. Quello che però preoccupa è considerare che, poste le grandi difficoltà logistiche a cui oggettivamente va incontro la popolazione studentesca, bisognerebbe essere grati che questa volta l’edificio non sicuro è stato sequestrato prima di una qualsiasi tragedia (assai probabile, per la verità). Invece, crescono astio e amarezza: energia sprecata che potrebbe, probabilmente, essere impiegata nella partecipazione a trovare una soluzione. Alcune preoccupazioni di genitori e impiegati pubblici sembrano più importanti di altre ma ancora non è risultato il senso di ripulsa che dovrebbe generare un pensiero elementare: come è possibile che i “nostri” figli – questi, sì, figli di tutti – abbiano frequentato come animali al macello una scuola pericolante? Chi ha taciuto, chi non ha fatto il dovuto per garantire sicurezza a queste vite che sono il nostro futuro merita – lo scriviamo in questo contesto – il vaglio della giustizia perché anche le responsabilità marginali ricevano le conseguenze di tanto semplicismo.

 

Il “volontario di Matera”, una storia dal terremoto dell’80

 

È proprio la storia del “volontario di Matera” l’esempio per il più giusto atteggiamento da adottare allo stato attuale delle scuole: mettere insieme le priorità più strette, mettere da parte ciò che divide e fare il possibile per costruire mentre, con amarezza, sarà chiaro quello che è chiaro da sempre: a volte chi può fa per sè, senza che ciò debba limitare la determinazione a fare il possibile per migliorare la situazione.

I racconti della gente lontano dall’epicentro hanno in comune di essere impregnati di quello “spirito di solidarietà” che si sviluppa dopo uno spavento simile. Nello sgomento comune di chi ci è passato, poi, c’è una variabile inaspettata. Un signore racconta: «Nonostante la tragedia eravamo felici. Felici della passata paura. Persone che non avevo mai visto erano lì con me a raccontarmi vite che non avrei mai ascoltato». Questo il punto sulle scuole di Avellino: nonostante il problema e le difficoltà, si può essere felici che il dramma si sia evitato.

 

 

Servizio con il contributo di Alessandro Mazzaro

 

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